23 dicembre 2014

Oltre il permafrost (buon natale)

Il bimbo in piazzetta ieri caricava taniche sulla macchina per andare alla fonte, che gli han tagliato l'acqua.

Oggi ti ho comprato un pandoro, perché so che ti piace il pandoro, poi dopo la cassa ho visto il carrello della caritas con dentro 3 passate in croce e un pacco di fusilli, allora adesso il tuo pandoro è lì e so che non ti dispiacerà.

Il mio bambino non ha più paura dello spettacolo di Natale, perché ha indossato un maglione col lupo ed è diventato forte. "E' stato un gande ppettacolo, mamma. Popio un gande ppettacolo" è tutto ciò che ricorda.

Credo di essere pronta per quello che porterà Gennaio, ma qualcuno dovrebbe avvisare anche il mio cervello. Nel dubbio, domani taglio i capelli.

Ho preso 6 nuovi  libri in biblioteca e ho fatto la tessera a lui, che ora se la tira moltissimo.

Sono felice e vorrei dirlo a qualcuno, mi pare abbia senso che qualcuno là fuori lo sappia.
Perché stanotte in fondo al letto dove di solito comincia il permafrost, adesso ci sono i tuoi piedi.

14 dicembre 2014

il solito inutile e svilente panico prefestivo.


- n. 2 feste di natale

- n. 1 laboratorio di natale

- n. 5 teglie di biscotti ("visto che non puoi venire al laboratorio di natale". Gettatemi nuda tra le ortiche la prossima volta che mi vedrete scrivere alla rappresentante).

- 10 alla enne richieste incomprensibili da parte di clienti particolarmente dopati sotto natale

- 1 visita per sindrome di Munchhausen

- 1 tentativo di depistaggio all'Istituto Previdenziale allo scopo di farmi ridare i soldi, indi rendermi irreperibile a vita.

- L'ordine di TUTTI i regali su IBS cancellato, data di consegna prevista tra il 29.12 e il 5.01. 
No utile, veramente.

- Tutti, ma dico TUTTI i regali da prendere. E io sto a PaeseinCuloaiLombrichi.
Comodo come dire Kuala Lumpur-Esselunga.

- n. 10 giorni prima di non essere più sola. E della suocera.

- H. 5.30 e sto lavorando da 1 h e mezza.


Ma va tutto bene, va tutto bene.
Tipo pensavo Natale sarebbe stato casa in disordine, pigiama e grembiule, farina sul tavolo e pasta fatta in casa. Mi faccio sempre dei bei film, io.

Comunque in qualche modo te li trovo, questi Lego Chima che aspetti da Ottobre.
Quelli, e un paio di guantini rossi, perché non hai chiesto altro e altro non voglio vederti scartare quella mattina, nel tuo pigiama stropicciato.
In qualche modo ci vado, in una libreria vera, e lì -bada bene- vi scelgo dei bei libri, selezionandoli per quando li leggeremo sdraiati coi piedi in aria se non farete gli isterici e se io non urlerò [perché mi spiace avere urlato, oggi. E mamma mi ha detto che è colpa mia, che c'è qualcosa che non va nel mio metodo, che inizio bene e poi mando tutto a puttane. Che voi sentite il mio nervosismo. E io sospetto che sia vero, ma lo rifiuto, e lo temo.]
E quando l'avrò fatto, insieme a tutto il resto, tuo padre tornerà.
E allora sarà Natale.

3 dicembre 2014

Io mica lo sapevo, ma tu sì.

Che tu fossi tu io mica lo sapevo.

Di quando avevamo 16 anni ho ricordi nebbiosi.
Ciò che saremmo stati anche quello era da bassa padana, ricordi?

Metti che ci lasciamo e ci rincontriamo a 30 anni, giurami che non saremo degli stronzi.
Più grassi, stempiati, ma stronzi no, dai.
No stronzi mai, promettiamocelo.
Di destra?
Azz. Addirittura?
Vabbè ma onesti.

Non ti guardavo, perché eri un bravo ragazzo.
Sono svalvolata fuori di testa solo quando ho capito che eri una brava persona.
Poi c'è stata quella volta che tu stavi per finire in presidenza e io a mala pena me n'ero accorta, perché intanto che tu stavi lì in piedi davanti al banco, tranquillo e irriducibile, io leggevo fumetti sulla smemo di A.
Vedi che differenza, tra te e me.

Dio quanto ti amo, per questo.
E non sei neanche diventato di destra.

26 novembre 2014

Lo sgabello e altri pensieri.

La mia amica L. una volta mi ha detto che sono fatta per imbattermi in incontri strani, che ho una calamita per attirare personaggi da romanzo.
Ci ho riflettuto e non penso sia vero.
Penso che il tutto sta nell'andare nei posti giusti nel momento giusto.
Il momento giusto fa tutto.
Ad esempio se voi al cimitero ci andate di domenica mattina, incontrerete per lo più la sfilata di quelli usciti da messa in ghingheri, che buttan via fiori freschi e fanno a gara col vicino di tomba per quale delle due è più in ordine.
Se invece ci capitate in un tardo pomeriggio di giovedì, allora ci trovate lui, che avrà 80 anni suonati lì seduto sul gradino, e guarda la tomba di lei.
Se avete bisogno della scala, in un tardo giovedì di Novembre, lui si sposterà sollecito, scusandosi perché quel giorno non s'è portato lo sgabello. Perché di solito porto lo sgabello, vi dirà.
Allora in quel tardo pomeriggio novembrino voi guarderete le date sulla tomba, e ci sarà scritto 1922-2014, ma la foto sarà in bianco e nero di una donna giovane, coi capelli sciolti dietro le spalle.
Poi noterete lo spazio vuoto accanto alla tomba, ricoperto di sassolini bianchi, in attesa.
E allora cambierete i fiori ai vostri morti in silenzio con un groppo così, perché avrete capito che quello non è un romanzo.

Al cimitero ci vado sempre perché mia madre mi ha insegnato che l'amore continua, anche se a Messa non vado più e in Dio non credo ancora.
Ci trovo i miei nonni e i miei bisnonni che non ho mai conosciuto ma di cui so tutto perché -sempre mia madre- lei è una che ricorda moltissime cose e anche perché la famiglia è un abbraccio stretto e talvolta inopportuno, ma su misura.
Un abbraccio su misura non so se ce l'avete presente: è quando una persona ti abbraccia e non avanza fuori niente, non è troppo alta che gli allacci le ginocchia, né troppo magra che ci potresti far due giri. L'abbraccio su misura è fatto per te, che ne sei il metro, pure se sei alta un decimetro e una banana.

Il cimitero mi fa sorridere perché vi permangono simpatie e antipatie faziose, lasciate in eredità ai posteri.
Ad esempio io cambio i fiori a tutti, ma i più belli sono per il mio nonno, quello bello e comunista come Vladimir Ilic Ulianov Lenin, ormai lo sapete tutti.
Molto belli li metto anche al mio bisnonno col naso lungo e le orecchie a sventola, che è stato l'uomo più buono e dolce sulla terra, me lo dice sempre mia madre e io le credo.
Spesso ci stupiamo che nessuno abbia poi preso da lui, visto che siam venute fuori tutte un po' stronze,  nessuna esclusa.
Al trisnonno  G., invece, classe 1826, cambio i fiori ma per lo più gli metto un po' di verde, perché a mio Nonno stava sulle balle e diceva che era un po' una mezza carogna, allora io -giustamente- ne diffido, perché mio nonno aveva sempre ragione e questo non può essere messo in dubbio: è una legge perpetua.
Il mio nonno avrebbe 102 anni e so che sarebbe ancora bello come Vladimir Ilic Ulianov Lenin, ma quanto al comunista chissà.
Il mio bambino ha il suo sguardo.

Se capiti al cimitero in un tardo pomeriggio di Novembre fai incontri e pensieri che possono sembrar strani, ma che sono solo veri.
Per affrontarli, e in qualche modo superarli, puoi solo metterti di fronte al computer con le cuffie, e lavorare avendo cura di alternare le prime Christmas Carrols ai Ramones, perché sei una persona equilibrata e coerente.

18 novembre 2014

Conferme.

Nel caos generale alcune scoperte sono solo conferme:

- Vivere in campagna ha inibito e ormai quasi totalmente azzerato le già pur scarse prestazioni automobilistiche di Susibita.
In 3 minuti entro i confini della Città Grande Susibita si perde, e non è un'iperbole.
Uscita dall'autostrada non fa in tempo a percorrere 100 m e già si è persa, con Lui che la chiama inveendo "Ma dove vai? ti ho vista imboccare quella sbagliata: la seconda alla rotonda, la seconda, non la prima! Ma come ci sei riuscita? eri qui, 5 secondi e mezzo fa.".

Modestamente.

- I tempi di percorrenza nelle provincie del nord non sono proporzionali alle distanze.
Se alle 17.20 pensi di essere in anticipo per girare attorno all'isolato, fare una rotonda e avviarti verso la stazione per le 17.40, affrettati perché non è vero: sei in ritardo.

Dio che ansia.


- Mentre tu vivi in campagna la Legge della Coda continua indefessa a mietere vittime: quando spegni il motore perché insomma il gas serra, le emissioni etc, ecco quello è il momento preciso in cui la coda ricomincia a scorrere.

Ridatemi l'apecarre.


- Tua suocera -classe 1935- gioca online a un roba che si chiama Gothic Soldiers-Costruisci il tuo Impero, c'ha l'account e tutto. Ogni tanto nel buio della stanza lo schermo s'illumina e giunge l'urlo raccapricciante di qualche troll.

Poi dice la strana è Susibita.

- Nei moderni supermercati delle provincie del nord ci sono interi reparti dedicati al bio, all'etico, al vegan, al bio-etico-vegan. C'hanno il tofu disidratato, gli straccetti di seitan, le mandorle della Manciuria da coltivazione a lotta integrata, la candeggina biologica che la puoi pure dare ai bimbi al posto del succo. C'hanno TUTTO.

Tiè - stolta (pseudo-)vegetariana in fuga dalla civiltà.

12 novembre 2014

Domani è un altro giorno (ci sono i 20, e poi i 30).

A 20 avevo belle gambe. Nascoste.
A 30 gambe più magre, meno toniche. Nude.

A 20 tutti giustificati, eccetto me stessa.
A 30 beneficio del dubbio fino a prova contraria.

A 20 e se poi pensa...?
A 30 c'è  il tuo parere. E poi c'è il mio.

A 20 solo rock e dintorni. A 25 intermezzo amarcord con cartoons anni '80.
A 30 Radio24.

A 20 Dio che male.
A 30 il male disgusta, ma scuote.

A 20 sono peggio di (quasi) tutti.
A 30, voglio essere una brava persona.

A 20 Tolstoj. A 30 Dostoevsky.

A 20 sola. A 30 insieme.

A 20 mi faccio il culo, che poi mi ripaga(no). A 30 mi faccio il culo, se lo dico io.

A 20 chissà che bello.
A 30: vedi? questo è bello.

A 20 paura.
A 30 Rossella O'Hara.

4 novembre 2014

Saturno contro.

Scrivo dei bambini perché i bambini sono la mia isola felice.
Quando si ha Saturno contro è sempre bene avere delle isole felici su cui rifugiarsi per un po', prendere fiato al sole.
I miei bambini sono la mia isola felice, ora.
Non so se sia una cosa bella oppure brutta, so che è così.
Non so se sia giusto, oppure brutto, oppure ancora inopportuno.
Se suoni male dirlo perché dovrebbe essere il contrario: io il loro rifugio, io la loro isola felice.
Ma in realtà sono vere entrambe, e la cosa mi pare, oggi, ambivalente.

Il fatto che loro siano la mia isola felice purtroppo non li esime dall'essere stancanti - degli scassamaroni, diciamolo- e non mi esime dall'essere stanca -un'isterica, ammettiamolo.
Così stasera ho urlato parecchio, alle mie isole felici, perché non stavano fermi, e litigavano sul letto, e prima -a cena- si mollavano calci sotto il tavolo, e lei c' ha quella vociaccia, e lui è un frignone.
E io sono esaurita, sotto pressione, sono pure un po' depressa. C'ho Saturno contro.

Dire che i figli sono degli scassamaroni oggi va di moda, fa tanto mamma moderna, la non-solo-mamma, la i-figli-questi-adorabili-scassacazzi-si-può-dire-?-sì-dai-si-può-dire.
La mamma nuova, la figura che spesso ho contribuito a modellare in questo spazio, cui abbiamo -in tante- contribuito, nei nostri spazi.
Un po' la sentivo mia, un po' sono andata dietro al battutame: senza far male a nessuno, solo perché è divertente, è catartico, è persino vero, in parte.

Ma la verità più banale, molto anni '50, molto fastidiosa e molto evidente, è che a un certo punto ti accorgi che in effetti loro non sono tutto, ma sono tutto ciò che conta.
Alla fine di tutto, a conti fatti, la forza me la danno 4 fila di ciglia addormentate, 5 dita per piede, 2 nasi piccoli, 1 moccolo incrostato, 1 guancia soda e fresca per lato, moltiplicata per 2.
Del resto, francamente, non me ne frega niente.
Si fotta Saturno con tutti i filistei.

28 ottobre 2014

In queste settimane, nonostante tutto, mi piace.

Mi piace la mattina quando sali sul pulmino e ti volti a salutarmi: gli altri bambini fanno ciao-ciao o mandan baci, tu invece prepari il nostro segnale in codice che è il muso del coniglio, con le mani aperte alte sulla testa e i due incisivi fuori.
Tutti gli altri, bimbi, autista e volontario compreso, ci guardano strano ma tu te ne freghi, già alzi il pollice e mi fai "ok, è tutto okkei".
Io tengo il braccio alto finché il pulmino non imbocca la curva, tu spesso anche, altrimenti ti volti prima mentre io rimango lì mezzo secondo in più fino alla fine, perché è il mio ruolo e non il tuo, rimanere fino alla fine.
Il tuo è quello di voltarti, se devi.

Mi piace, e m'ammazza, che sei una tosta.
Che se è no, è no, e nulla ti corrompe.
Mi piace e m'ammazza che tu sia disposta a rinunciare a qualunque do ut des, perché se hai deciso che quella cosa che non vuoi fare non la vuoi fare, tu -semplicemente- non la fai.
Mi ammazza, perché stamattina i giochi li hai fatti cadere tu, e li dovevi mettere a posto. Ma non stavi bene, hai fatto il capriccio, io non ho mollato, e nemmeno tu. 
Così ci siamo prese entrambe le conseguenze delle nostre insistenze e siam salite in macchina con due nuvole nere sul capo.
Mi ammazza perché sono tua madre e devo indirizzarti, o quantomeno contenerti.
Ma c'è una parte di me che a te non svelerò mai a meno che tu un giorno non legga queste parole o mi paghi profumatamente, che trae una sotterranea, istintiva consolazione dal sapere che esiste qualcosa in te che sa non cedere, che è capace di opporsi.
Una forza di contrasto che è disposta a mettersi in gioco, eventualmente a perdere, pur di non rinunciare al diritto di quel no che è NO solo per te, e sei solo tu a stabilire quanto vale. Sacrosanto, e di chi altri? 
Mi rassicura -di nascosto- perché capisco ora che nella vita potresti avere bisogno, un giorno, di quel NO.
Ed è un balsamo sapere che tu ce l'hai lì dentro, da qualche parte tra le ciglia lunghissime e l'ombelico bianco, e potrai tirarlo fuori all'occorrenza.

Mi piace che è arrivato il freddo e abbiamo messo il mezzo piumino e ho la scusa finalmente per dar sfogo a quel piacere intimo, segreto, appena appena velato da un fugace biasimo verso me stessa che è l'infilarmi la canottiera nelle mutande, uguale preciso a quando avevo 6 anni.


21 ottobre 2014

Tutta colpa della Tamaro.

Immersa nell'acqua della piscina galleggio, scendo un po' giù e guardo sotto: le gambe mi sembrano più grosse, più bianche, più glabre; i suoni ovattati, ottusi, lenti.
Mia madre dice sempre "hai chiesto al nonno?" quando ho un problema.
Io chiedo al nonno da sempre: se perdo le chiavi, per un esame in università, quando ho comprato casa, o se mia figlia non sta bene.
Da che ho memoria, quando non so che pesci pigliare, io chiedo a mio nonno.
Non faccio solo quello. Cioè: mi attivo, anche.
Però alla fine di tutto, quando ho fatto più di quello che potevo fare, gli parlo sempre.
Immersa nell'acqua, dunque, chiedo a mio nonno. Già che ci sono anche alla nonna.
Mi sento patetica  sull'orlo dell'acqua a bisbigliare ai miei nonni e mi viene da piangere, allora scendo sotto, così non mi si vede.
Dentro nell'acqua comincio a nuotare e mentre nuoto capisco che:

1. ci sono le cose imprescindibili

2. ci sono le cose importanti

3. ci sono le cose che desideri

4. alcune categorie di cose nel mondo continuano indefessamente il proprio moto, che io sia in ansia, in pericolo o in acqua a chiamare i miei nonni. Tra queste le albe e i tramonti, la ricrescita pilifera, i bambini sotto i 5 anni che hanno bisogno della mia attenzione, della mia presenza, del mio tempo, della mia stabilità.

5. non sono forte come credevo

6. sono più forte di quando ero giovane

7. la vita non ti dà un preventivo lavori

8. tutto ciò che so dell'amore

9. quello che m'ha fregata nella vita, a me, è stata la Tamaro.
Lei, la nonna nel giardino in autunno, le lettere alla nipote scappata, e dove accidenti sta andando il mio cuore.

17 ottobre 2014

C'è gente che quando vuole una scusa in più per frignarsi addosso cerca su youtube le best auditions XFactor UK e poi sta meglio.

E io sono una di quelle.


7 ottobre 2014

lunedì, di martedì facendo.

Se di lunedì mattina mi dici che non hai voglia di andare a scuola perché non ci sono mamma e papà e che preferisci di gran lunga restare a casa, e due soli giorni sono troppo pochi, e la settimana ti sembra lunghissima.
Se ti rispondo ma no, guarda che bello, coi tuoi compagni, le tue maestre, e poi non è così lunga come ti sembra.
Se ho un certo senso di nausea, e un groppo in gola tipo una polpetta di sale grosso.
Se però smettila ora davvero di fare i capricci eh, che è lunedì mattina per tutti, mica solo per te.
Se tutte le precedenti, allora vuol dire che te la sto raccontando, che me la sto raccontando.

Perché hai ragione tu.

Credo di aver toccato il fondo nel momento in cui ho cercato su google lo streaming dell'oroscopo di Paolo Fox.

3 ottobre 2014

Nella scatola di cartone.

Tempo fa durante la spesa ci fu l'increscioso episodio Lego Chima.
Non so se avete presente: è una serie dei celebri mattonicini dedicata ad un mondo immaginario popolato da grifoni del sole e pseudoscimmie del ghiaccio, in lotta fra loro per il possesso della mitologica terra di Chima.
Lui aveva visto la pubblicità in televisione e da lì era partita la litania del melocompri?melocompri?melocompri?
Gli era stato detto che al momento non se ne parlava, ma che se fosse stato bravo forse avrebbe potuto chiederlo per Natale.
Però poi eccoli lì, tutti in fila sulla scaffalatura conad, accanto alla pizza al taglio 100% plastica e al pongo di peppa pig.
Piantò una scena memorabile.
Ti peego compamelo, ti peeeego non voglio 'ppettare natale, lo vojio subito mamma, LO VOJJJOOO!
Ovviamente non cedetti di mezzo millimetro.
Ovviamente lui piangeva, ovviamente l'intero supermercato ci guardava, ovviamente cercai di calmarlo ferma e a voce controllata, ovviamene l'istinto bieco mi diceva di ribaltarlo, rotearlo in aria e se necessario farlo liscio come un pomodoro pelato. Ovviamente lo trascinai solo il più velocemente possibile fuori dal supermercato.
In macchina partì il cazziatone universale e a casa la punizione, consumata sui gradini del giardino di sotto, col cancelletto chiuso nel recinto dei suoi pensieri.

Quella sera stessa, di ritorno da una passeggiata nel bosco, lui mise mano alla grande scatola di cartone eredità dei cugini più grandi, colma di centinaia di pezzi lego spaiati, appartenenti a serie e modelli diversi tra loro, tutti incompleti. Ci lavorò per tutta la sera, al termine della quale si era costruito i suoi lego chima da solo.
Scelse il rosso per quelli del fuoco e il bianco per quelli del ghiaccio.
Modellò tigri della neve, slitte e macchinzegni di ogni sorta.

A volte ci penso.

Mio figlio sta lì, nei suoi capricciosi 4 anni, a spiegarmi che i sogni su cui ci ostiniamo hanno il luccichio della plastica nuova, della confezione in scaffale, pre-pensata e pre-digerita apposta per noi: dobbiamo solo pagare, seguire le istruzioni, e non smontarli mai più, né osare perderne un pezzo così per caso.
Mentre i sogni che non osiamo, bé quelli stanno alla rinfusa in un vecchio scatolone di seconda mano sotto i nostri occhi, e non costano nulla.
Eccetto, forse, lo sforzo d'immaginarli.

1 ottobre 2014

Se solo (così fosse per sempre).

Se solo.


I 4 anni sono splendidi.
Avere un bambino di 4 anni per casa significa parlare a qualcuno che sembra voler capire il mondo come un adulto, ma poi non è vero.
Tipo che tu ti sbatti a dargli un sacco di spiegazioni accurate, controlli prima su google per non sparar minchiate, o ti prepari i discorsetti e poi alla fine lui trae le sue conclusioni.
Che sono, ad esempio:

"Se solo potessimo essere degli scoiattoli."

Disarticolate. Decontestualizzate. Incongruenti. Non c'entrano una minchia con quello che lui ti aveva chiesto, ma soprattutto con quello che tu gli avevi risposto.

Ma come dargli torto, sugli scoiattoli.



No.

Avere una Nina di 2 anni è splendido.
Un filino stancante, ma splendido.

"Nina vieni in bagno a lavarti."
"No."
"Nina per favore vieni in bagno a lavarti."
"No."
"Hai intenzione di rimanere sporca?"
"Sì."
"Va bene rimani sporca."
"No."
"Allora vieni?"
"No."

Nina bacia sulla bocca e dice amore.
Fa un po' la stronza, con suo fratello, ma dice che è il suo eroe.
Si danno un sacco di mazzate, e non riesco a farli smettere. Ma si baciano e abbracciano, anche. Sono molto fisici. S'infilano l'uno nel letto dell'altra o viceversa e io li amo, per questo.

La sera leggo prima qualche filastrocca, per lei, e poi una storia lunga, per lui.
Solo che lei durante la storia continua a interrompermi e a chiedere "e tettooo?? cos'è tetttoooo? e pecchéé??" e io alla prima spiego, alla seconda pure, alla terza il sorrisetto sulla faccia mi s'incrina, alla quarta sono incazzata e le dico ti caccio un tappo in bocca. Lei non sembra preoccuparsene e ride.

Nina al mattino non vuole più entrare al nido, si butta per terra e piange scalciando, disperata e incazzatissima, spezzandomi il cuore per una mezzoretta. Poi mi arriva il whatsupp dalla tata e c'è lei vestita con cappellino e borsa da mercatino vintage e pare uguale uguale a Miss Murple.

Volevo comprare un flautino di legno a Nina alla fiera delle civette, ma ha voluto uno spadino.
Il flautino era bellissimo e volevo prendermelo io, ma poi l'ho lasciato e non ero scontenta, perché loro combattevano e io potevo sempre fischiare.

Un'altra buona notizia è che piove a dirotto, così mi lava la macchina.




22 settembre 2014

Il mio Gioca Jouer bibliografico.

Dunque questo giochino l'ho visto in giro da tanti e mi ci mi autoinvito, seppur in ritardo -obviously- che gli altri l'han già fatto da un mese e non sia mai che io stia sul pezzo: vigile, inappuntabile.
Trattasi di elencare i 10 libri fondamentali: quelli che non potreste abbandonare mai, figurarsi dimenticare. Suppongo non debbano neppure essere i più belli, semmai i più significativi.
Tra l'altro ho visto su Twitter che l'han fatto pure un sacco di cosiddetti vips, tipo ho sbirciato la lista della Bignardi: pas mal, ma mi sa che siamo di due generazioni diverse e si sente.
Peraltro io sono di un'ignoranza cosmica e alcuni mai sentiti proprio.
E comunque la mia è più bella.
Guardate un po':


- H.B. Stowe, La capanna dello zio Tom. Per la commozione, l'indignazione, per il senso d'impotente ingiustizia e perché aveva bellissime illustrazioni che spiavo tra le pagine. Perché il senso del bene e del male, la pietà, si formano anche così.

- Salgari, tutto. Avanti, tigrotti di Mompracem!!
E non ho altro da aggiungere, su questa faccenda.

- Verne, Ventimila leghe sotto i mari. Perché il capitano Nemo è un Figo vero, intramontabile. Perché, che ve lo dico a fare... il Nautilus, gente. Perché per  leggerlo facevo tardi a tavola e mia madre s'incazzava.

- E. Fromm, Avere o Essere. Perché in prima liceo ho litigato con prof e compagni chiedendo invece i Promessi Sposi, ma poi ho sgonfiato i coglioni a mia madre e mia sorella perché loro vivevano secondo la modalità dell'Avere, e IO INVECE NO.

- E. Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, perché fuori dal gruppo stavo bene, con lui. Perché Adelaide è un nome bellissimo, perché chiamavo mia madre La Mutter. Perché  avevo qualcuno che pedalava sulla collina fino a me, e non l'ho perso.

- I. Allende, La casa degli spiriti. Perché questa donna m'imbastisce una narrazione che mi stringe le budella, mischia la Storia con le storie e ne fa un romanzo unico, dallo stile inimitabile.
E poi tutte quelle donne indimenticabili.

 A quanto sono? 6. Di già ? Cazzo.

- Ok il prossimo è un must, ed è ovviamente tutto Harry Potter. Quest'altra donna è un fottuto genio e io sono disperata -literraly, col "de" privativo che precede la speranza- :  perché sono irrimediabilmente, senza possibilità di reversione, una semplice misera babbana.
Perché, come posso spiegarlo? Con sto libro ci andavo a tavola, al cesso, sul retro della golf sulle curve della Cisa. Perché Molly Weasley ha fatto (attenzione!!!spoiler in arrivo!!) l'avada a Bellatrix, quella gran zoccola. Perché ora nella mia vita esistono il Quidditch, le tutti i gusti + 1 e le parole belle di Silente. Sono infinitamente grata, per questo.

- J. Steinbeck, Furore. Per quelle ultime -cosa saranno?- 40 righe,  in cui tutto il romanzo mi si condensa, mi si sublima, mi esplode sotto gli occhi mentre scorro le parole. Per quel furore disperato incapace di sottrarsi al destino, perché il finale mi ha lasciata senza fiato, senza parole per la troppa bellezza.

- H. Lee, Il Buio Oltre la Siepe. Questo mi verrebbe da metterlo in cima a tutti, lo rileggerei per sempre, senza mai annoiarmi, riscoprendolo ogni volta. Perché è completo, dentro di sé ha tutto: l'amore, la giustizia sociale, la morale umana, la bellezza umana,  la pietà, la lotta disumana. E l'ironia. Perché Atticus è un figo vero, tipo capitano Nemo.
Ma più di tutti c'è lei, Scout, anni 8. Una che ha paura, e lo dice, ma non per questo non è che non ci va, oltre la siepe. Una che si veste da prosciutto.
Una donna meravigliosa, impressionante.  Una tipo Nina, per intenderci.

- J. Saramago, Caino. Perché uno che mi regge un asindeto per 20 righe senza farmi sentire persa nè farmi sollevare lo sguardo  dal libro avrà il mio cuore e i miei orgasmi letterari per sempre. Insomma è scritto da dio.

- Pino il pinguino, autore ignoto: un libricino da nulla, in rima e con brutte illustrazioni.
Ma è il primo che il mio bambino ha retto per intero, una piccola storia -la prima- che  abbiamo imparato a memoria, che gli ho riletto 200 e poi infinite volte.
Lo spartiacque che ha aperto la via a tutti quelli dopo: meravigliosi libri per l'infanzia sottovalutati, relegati a letteratura di secondo piano e invece - io penso- inestimabili.


Lo so, sono 11 e ho imbrogliato. Ma sappiate che su una qualsiasi cazzo di isola deserta io riuscirei a infilarci anche Il Giovane Holden, per quel che pensa del mondo, per il suo cuore intatto, e per quel giro in giostra che regala alla sorellina.

p.s. e i vostri? potete anche scrivermeli qui sotto, se volete.

18 settembre 2014

La ricerca della felicità.

"Ciao piccolo, com'è andata oggi?"
"Male, malissimo."
"Perché? Cos'è successo?"
"Ho pettato per sbaglio il marchinzegno del mio compagno."
"Oh, capisco. E si è rotto?"
"No, lo ha ricottuito."
"E tu hai chiesto scusa? lo hai aiutato?"
"Sì, lui mi ha detto "hey!"  da cattivo, io ho detto "ccusa!ccusa!!",  e poi lui mi ha fatto gli occhi stretti."
"Mmm. Bè non mi pare così grave. In fondo ha detto solo "hei", mica ti ha insultato."
"Sì però a me, quando mi fanno gli occhi stretti, mi si rompe la felizità."

Devo ricordarmi di insegnare a mio figlio che la felizità non può e non deve essere un vaso di vetro.
Devo assolutamente insegnargli che la sua sensibilità, la sua bellissima, fantasiosa, profonda, calda sensibilità non può essere qualcosa di così fragile. 
Devo davvero mostrargli che quando si ha un dono tanto prezioso non lo si deve lasciare in balìa degli altri, ma tenercelo stretto e coltivarlo, accudirlo, e condividerlo certamente, ma essere pronti a difenderlo coi denti se necessario.
Devo insegnarli che la felizità dipende da lui soltanto, nel suo corrispondere all'idea di sé che vuole essere o nonostante tutto diventare. Nel non tradirsi.
Sarò opportuno dire a mio figlio di credere e avere fiducia nella bellezza degli altri, ma ancora di più nella propria. 
Devo  ricordarmi di avvisarlo che la nostra bellezza si può macchiare o sbrindellare qua e là, perché bellezza non è perfezione e può capitare di calpestare qualcuno senza volerlo.
Che, tuttavia, poche cose sono davvero irrimediabili, e nella maggior parte dei casi è utile praticare l'umiltà ma in nessuno l'umiliazione.

Poi, in seconda battuta, potrei dirgli che la vita può -stupeficium- essere leggera, senza  per questo essere presa con leggerezza.
Che non è che perché tuo figlio torna da scuola con qualche piccola delusione che gli devi partire in tromba col pippone biblico.
Che la lezione migliore sarà sempre la TUA felicità, la TUA umiltà, la TUA forza.

E che  in moltissimi casi, comunque, la cosa più saggia da fare potrebbe essere dargli una strapazzata sui capelli e dirgli Non pensarci, hai fatto tutto ciò che dovevi fare, non è davvero così importante, mentre vi svaccate sul divano mangiando cioccolata come non ci fosse un domani.


12 settembre 2014

Flow of thoughts (quando parlo con me stessa).

Sai chi mi viene in mente ogni volta che dico flow of thoughts?
Chi?
Quello stronzo del prof. C.
Ah già.
Dici che sono stronza?
Un po'.
Ah e così sarei io? Non lui? Il cosiddetto educatore di menti? Il professor Keating mancato? Quello che faceva il liberale e al primo che non si genufletteva al suo fascino hop via in presidenza? Bè che fai, non parli?
No è che dici tutto tu.
Lui sarebbe solo un poveraccio con evidenti problemi di autostima, eh? È questo che vuoi dirmi? Però eravamo solo ragazzini, noi. Facile, troppo facile, con dei ragazzini.
Mica tanto.
Che vuoi dire?
Che non eravamo degli sprovveduti.
Ah no? Ero fragile come un vetro di Murano, ero.
Ma ci stava sul culo.
Si, certo, perchè era uno stronzo. Ma che c'entra?
C'entra. Perché lui lo sapeva.
E allora?
Allora pure noi gli stavamo sul culo.
Embè? Questo l' avevo capito tipo alla seconda ora del primo trimestre.
C'è che non ci siamo genuflessi. Non abbiamo neanche portato una croce se è per questo, ma semplicemente non lo abbiamo cagato. Non lo abbiamo adorato. Soprattutto, non lo abbiamo mai stimato. Non c'è nulla di peggio, per un insegnante con scarsa autostima. Che pretendevi, che ti stendesse il tappeto rosso all'esame? C'avevi scritto in faccia che lo disprezzavi, prova a metterti nei suoi panni.
Ah quindi mò la stronza sarei io?
No, ma non sei un vetro di Murano. Piantala di fare la vittima.
Cosa c'entra adesso la vittima?
Lo sai.
No che non lo so.
Sì che lo sai. Sai che puoi farlo.
Non cambiare discorso.
È come quella volta alla corsa campestre.
Non dire cazzate.
E tu non fare la stronza. Puoi entrare in quella stanza e fare quello che vuoi, dire quello che vuoi. Certo, puoi sempre aspettare che lo faccia qualucuno al posto tuo, se ti piace così. Vedi tu. Ma svegliati, bambolina.
La sera non dormo, devo contare le pecore.
Cazzate, tutte scuse.
Sono una vittima degli eventi.
Piantala.
Potrei spezzarmi.
Potresti.
Vedi? Ah lo sai anche tu allora?
Oppure...
Oppure?
Oppure no.
Oppure potresti fregartene, come hai fatto quando lo hai saputo fare. Potresti semplicemente dire no.
Potrebbe non essere la scelta giusta.
Potrebbe.
Qualcuno s'incazzerà.
Sicuro.
Odio quando la gente s'incazza.
Lo so.
E quindi?
Vedi tu.
Vedi tu??? È tutto quello che sai dirmi?
Mmm...lasciami pensare...sì.
Bè vaffanculo.
Così mi piaci.

5 settembre 2014

Folder.

La notte non dormo, per via di certi pensieri.
Mi sveglio nel cuore del buio e devo leggere per ore, riaddormentandomi quando comincia a schiarire.
Io lo so che è solo un questione di abitudine, di assuefazione al cambiamento, lo so che ce la farò e che mi serve solo tempo per lasciarmi l'Inutile alle spalle.

A me piace quando finisce il caldo e le giornate si accorciano.
Lo so: ora risponderete che il caldo non è mai iniziato, ma la verità è che a me ciò non ha arrecato alcun danno dato che non stavo al mare né in montagna, e a dirla tutta tra poco andrò via per qualche giorno e già danno pioggia.
Non è un dramma: questa non è stata per me l'estate del bikini e del relax, tutto ciò che cerco è un letto diverso in cui dormire, una finestra mai vista da cui affacciarmi, una strada nuova da percorrere mano a mano coi bimbi e magari un gelato, un accento diverso da ascoltare.
Tutto qui, non molto credo.
Mi piace che tra poco ricomincerà la scuola.
[No, aspè, questo non è esatto: io sono fanatica, impaziente, saltellante sul posto, invasata agitatrice di pom-pom da cheerleader -Datemi una S! datemi una C!...- per il solo fatto che dopo 3 mesi ricominci infine sta cazzo di scuola che NON SE NE POTEVA PIù. Ma più più più.]

Poi c'è una cosa.
Nel mio computer io ho una cartella.
In quella cartella io negli ultimi 3 anni ci ho messo un po' di cose, principalmente sogni.
Accadeva che ogni volta che ci passavo accanto col cursore non potessi mai aprirla perché ogni volta Tuttoilresto andava fatto prima, Tuttoilresto era ad alta priorità, Tuttoilresto doveva essere fatto ieri, due mesi fa, 5 anni prima o nel '73, che manco ero nata.
Ecco io adesso sento come una cosa dentro di me: un'impazienza, un brivido d'eccitazione, un pizzicorino attorno al naso, un pruritino tra le dita e soprattutto tra i ricci dei capelli.

Tra me e quella cartella ci sono le notti a rigirarmi nel letto, ci sono 4 giorni al mare, ci sono le foglie che ingialliscono e il cielo smaltato dentro all'autunno, i pomeriggi eterni dell'inverno.
Meno male che sarò qui, nel posto in cui scendendo dalla macchina mi assale il profumo della nepitella.


26 agosto 2014

Una vita ordinata.

Quando ha fine il buio mi alzo, faccio un caffè poco dolce, c'inzuppo le fette integrali, metto in bocca due mandorle e via.
Preparo i bambini, li devo chiamare un sacco di volte, spesso urlo, poi li bacio e li mando fuori con la nonna.
Mi siedo alla scrivania da sola, rispondo alle mail, apro programmi, piazzo in sottofondo i podcast radiofonici del giorno prima e sono le 12.30.
Salgo, mangiamo, pulisco tutto perché quando cucina Nonna Pensaci Tu fa troiai inenarrabili.
Finiscono i cartoni, li metto a letto, se mi va bene dormono entrambi dopo troppi capricci e molte minacce, altrimenti dorme solo lei e lui gioca alle costruzioni.
Io lavoro ancora un po'.
Quando lei si sveglia tiro su un passeggino che sono due assi di metallo e un pezzo di tela scolorita ma che è stato il mio acquisto migliore - 19 euro al negozio dell'usato.
Andiamo nel bosco oppure al parchetto sgangherato in paese, dove troviamo sempre qualche bambino sgangherato come noi. A volte lui si porta uno zainetto e dentro vuole metterci la borraccia da riempire alla fontanella e qualche biscotto.
Oggi alla fontanella però era attaccata una canna che puntava dritto dritto dentro un giardino privato, dove evidentemente qualcuno non si faceva problemi ad attingere all'acqua comunale. Allora un papà ha staccato la canna e l'ha ributtata oltre la siepe, così abbiamo potuto bere e pulire le mani ai bambini.
Quando scende la sera siamo di nuovo a casa e io devo lavarli perché sono sempre sudici, sudati e sotto la doccia l'acqua cola nera. Ma loro sono in trionfo e appagati, perché la terra è motivo di orgoglio e io non posso dargli torto.
Quando il sole è al di là del monte loro guardano la tv mentre io rassetto tutto, gli lavo i denti e comincio a dire spegnète. Devo dirlo un sacco di volte e preparare i bicchieri d'acqua e portarli in bagno a fare l'ultima pisciatina. 
Quando fa buio e si accendono i grilli scelgono una storia a testa e la leggiamo nel lettone, poi cambiamo stanza e nella luce spenta io gli canto Incy Wincy Spider, Non, je ne regrette rien, o qualcosa a caso da Rattle and Hum.

21 agosto 2014

Finché non scorre sangue.

"Perchè state piangendo?"
"Pecché lei mi ha mossicato."
"E perché ti ha morsicato?"
"Checchè lui butto."
"Tu zitta un attimo che sto chiedendo a tuo fratello."
"Pecché io l'ho battonata."
"L'hai bastonata, ecco. E con cosa di grazia?"
"Col mio mattelletto."
"Mmm. E dimmi: è una cosa corretta secondo te?"
"No, ma lei mi aveva 'mmazzato."
"Ti aveva ammazzato?"
"No: mmmazzato. Mi aveva dato le mazzate."
"Gno! Gno! prrrlll!"
"Smettila di spernacchaire tu, e dimmi perché hai preso a mazzate tuo fratello."
"Checchè lui butto. 'a ppada è mmmia."
"Ti ha preso la spada? ma la spada non è tua, è sua. "
"Gno!! è mmmiiiaaaa! PPPRRRRLLL!!"
"Vedi, mamma? vedi??? lei è butta, è peicolosa: làssami, che  adesso l'amasso!"
"Vieni qui, tu non ammazzi nessuno. Venite tutti e due."
"Pprrrl."
"Piantala, Nina."
"PPPRLL."
"Non risponderle."
"PPPRRRLLL!!!!!"
"Insomma la volete piantare? Fate un neurone in due. Non m'interessa cos'è successo, dovete imparare a vedervela tra di voi, ma ognuno con le mani a posto. Parlate, ok? parlate e spiegatevi cercando di non ammazzarvi. Adesso per prima cosa fate la pace e chiedetevi scusa, poi quando vi sarete calmati dividetevi i giocattoli: potete fare un po' per uno, ad esempio. Non voglio vedere scorrere sangue, intesi?"
"okkkèii."
"tì."

Si abbracciano. Si baciano. Si chiamano "caro" e "cara".
Due cretini.
Due cretini contusi e felici.

Mah.

20 agosto 2014

Hic et nunc.

Luglio è stato lavora, corri, che fa piove? ma che, è rimandato il corso in piscina? n'altra volta? ahi come sto male-hui come sto male, mamma mi tieni almeno lei? il prossimo anno un au-pair portoricano, cari miei, non me lo toglie nessuno.
Luglio è stata un'isola temporale di due giorni appena, ma pieni di bambini, propri e altrui, a riempir cestini con mirtilli.
Luglio è stata lei che aspettavo.
Luglio è stato febbre, stanchezza e tanta pioggia.
Luglio con tanta pioggia non è male, se lavori.

Agosto è non so.
Una mazzata sui denti, anzi direi quasi un paio, sentirsi uniti, studiare strategie, dire "è la vita, non importa. Rimbocchiamoci le mani.". Sentire di amarlo anche di più, persino di più.
Agosto è non sono sicura di cosa mi porterà Settembre, né Ottobre, né Novembre  né -santissima Gesualda- il 2015.
Perché Susibita ha affrontato parecchi  stravolgimenti in passato, ma mai - deve ammetterlo- con nonchalance.
Tiene botta, questo sì, tiene botta benissimo grazie a un senso del dovere e a una capacità di ripresa ormai allenata: ma è un 'ansiosa, e gli ansiosi vorrebbero sempre sapere cosa succederà di lì a sei mesi, perché devono potersi preparare prima, devono avere margine di manovra, devono sfracellarsi i coglioni con tipo 24 mesi di anticipo.
Gli ansiosi non sono leggeri: possono sforzarsi d'imparare -arte che Susibita pratica con naturale incapacità ma grande impegno da parecchi anni- a diventarlo, ma quando mettono la testa sul cuscino la sera sanno che dovranno leggere un paio di capitoli in più della saga dei Buddenbrook per stordirsi in maniera sufficiente a prender sonno.

Quello che Susibita sa è che non sarà semplice, ma forse più bello?
Quello che Susibita vuole è tagliare il superfluo, l'inutile, l'ingannevole abitudine, il finto comodo.
Quello che Susibita desidera è non perdere ciò che ama.
Quello che Susibita desidera è perdere ciò che non ama. Che poi non è perdere: è lasciare, che è diverso.
Quello che Susibita vuole è ciò che sa fare meglio e farlo anche meglio, dopo tutto questo.

29 luglio 2014

gli anni passano, signora mia.

Mia madre mi ha detto che si sente stanca, e che la sera fa fatica a fare le scale.
Le ho detto hai 60 anni è normale, lei mi ha detto ne ho 66, tesoro bello, sei-sei.
Io questa cosa che mia madre sta invecchiando non sono ancora pronta a gestirla.
Le vedo le altre nonne, ai parchetti e all'uscita dell'asilo e -credetemi- mia madre non ha nulla a che fare con loro. Loro sono vecchie.
Mia madre è un katerpillar, nonché ancora una discreta gnocca, non fosse che si veste in bermuda, crocs e cappello dell'arcicaccia.
Non ho conosciuto donne fisicamente più forti di mia madre: nel mio immaginario, da sempre, semplicemente non esistono.
Mia madre decespuglia, smonta, trapana, fa il cemento, guida il trattore cingolato. Mia madre fa tutto.
Non è possibile che le scale le riescano pesanti la sera, ma dice lei che è vero e io le devo credere.

Vado a riprendermi Magù, dopo, perché almeno è meno stanca e sola con Nina riesce a fare più cose stancandosi di meno. Mi rendo conto che ho sbagliato tutto quest'estate.

Ho quasi fissato l'intervento per Mr Googhi per farlo castrare.
Non starò a tediarvi sul perché e il per come, ci stavamo pensando da un po' e la nostra dolcissima veterinaria è d'accordo con noi.
Però ora mi sento un po' un verme ogni volta che gli passo accanto.

Ho voglia di andare tra qualche giorno a raccoglier mirtilli coi bambini, ma sta per arrivare il temporale ora e tutto è fermo -anche gli animali, anche gli alberi- e c'è un cucchiaio di luce in fondo alla valle ma troppo lontano e ecco che arrivano i goccioloni e questa sensazione qui dentro, che non tace, e mi dice che ho sbagliato tutto, quest'estate.

24 luglio 2014

Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti.

Io mi ero organizzata, capite?
Avevo una mia mappa mentale e reale di chi sarebbe stato ubicato dove e per quanto nel mese di Luglio, un piano ad alta definizione - oserei dire chirurgica - della distribuzione settimanale delle ore di lavoro, del momento esatto in cui mia madre avrebbe avuto il tracollo e io mi sarei palesata tipo maria redentrice avvolta in un fascio di luce, sollevando lei dall'incombenza dei due rospi, e al contempo me stessa dai sensi di colpa.
Che è andato tutto in vacca neanche ve lo devo dire, immagino.
Quindi al momento mi prenderei a vergate in bocca per non averli iscritti al campo estivo, pagando una cifra persino superiore alla normale retta mensile.
Viviamo alla giornata: abusando della tv per poter lavorare, abusando di mia madre per tenermene almeno uno, abusando di caffè per rimanere sveglia, abusando di farmaci per alleviare l'influenza, abusando di vitamine per ripigliarmi dall'influenza. Insomma abusando.

Abusi a parte, ho ritrovato un vecchio romanzo di mia madre sulla Cina rurale, di Pearl S. Buck, non so se avete presente.
Una storia d'amore, sostanzialmente, ma soprattutto d'incontro e scontro tra un mondo antico, quello della Cina rurale e tradizionalista, in cui ogni gesto è carico di significati e simbologie - con quello moderno portato dall'Occidente, dalla scienza che salva le vite, che libera anime e idee, ma in cui la ieratica e poetica formalità del gesto nel suo dettaglio non ha valore, e pur senza intenzione -semplicemente- non ha senso.
Al che grave dramma e turbamento nella protagonista, presa dalle due forze contrastanti.

Ora esattamente il perché il mio post abbia imboccato questa piega bislacca non ve lo saprei dire, ma vorrei aggiungere che è ricominciata la stagione turistica, e a casa di mia madre hanno ripreso a transitare individui non italofoni, generalmente dotati di sandalo in tela e crema solare, di non meno di due figli, di cappellini da pescatore ma soprattutto di grande entusiasmo per la gastronomia locale.

Mentre lavoro li sento di là che cantano girogirotondo prima in Italiano e poi in Slovacco, che ha un suono che non si capisce una minchia, ma dolce, mi pare. Che mangiano cosce di pollo e cereali dalla scatola alle 5 del pomeriggio. Che giocano a hideandseek? do you want?, più banalmente detto nascondino, contando un po' a cazzo, devo dire.
Poi a un certo punto lui -completamente biòtto (=ignudo)- gira l'angolo seguito dalle due biondine sui 7 anni, si ferma sull'uscio di casa e con un laconico si iu leitar, friends tutto italiota, le abbandona perplesse al proprio destino.
















15 luglio 2014

I brulichii e la spiaggia.

Mentre io sono qui alla scrivania e mi preoccupo, mi agito, m'incazzo, e poi mi scazzo.
Mentre io sono qui che mi faccio prendere in ostaggio da una fattura, da una consegna, da un tutorial, da una mail.
Mentre io me ne sto qui, in balìa dell'Inutile, facendone la mia ragione di vita.

C'è un essere umano piccolissimo, donna, a cui stanno dicendo scusa apriamo la pancia che ti contiene e facciamo un taglietto proprio qui vedi? così ti tiriamo fuori. Non ti agitare non c'è bisogno, è meglio così, fidati.

Ora io vorrei dirti che se dicono fìdati io penso che sia vero, perché so che sei in buone mani.
Solo mi spiace che tu non abbia il tempo di svegliarti e già ti accendono il mondo stroboscopico fuori: tirare via le coperte così, quando una ancora dorme, è proprio una rogna, hai ragione.
Volevo dirti: respira.
Non aver paura, se riesci.
No ok, cagati un po' in mano, io lo farei. Ci mancherebbe.
Però dopo che ti sarai spaventata, respira.
Calma, uufff.
Respira.
Guardati attorno.
Quando ti avvolgono attorno quel pastrano bianco e morbido è finita, sta per arrivare il bello.
E' lì che mi devi rimanere concentrata, capito? Non perdere di vista l'obiettivo.
La vedi quella roba stesa sul letto con lo sguardo da anfetamina scaduta? è tua madre, mia sorella. Fa dei risotti e delle crostate che non te lo dico. Oggi non lo puoi sapere ma prestissimo sì.
Ti dico che ti puoi fidare, è una di quelle che ti tengono la mano quando attraversi la strada, anche se hai 34 anni.
Non ci pensa lei, davvero. Lo fa così, sovrappensiero: sente la tua presenza lì di fianco e cerca la tua mano d'istinto, solo perché qualcosa nella sua testa non è cambiato da quando avevi 6 anni.
Dammi retta, è una a posto. Non te lo direi se non lo sapessi.
Quindi dicevamo: sei nel pastrano, right?
Rotea gli occhi. Brava così, non troppo sennò le piglia un colpo.
Le vedi quelle due cose bianche e tonde? individuale: è facile, non puoi sbagliare.
Ecco, ora seguile.
Lo so, sono belle. Non solo: sono utili, non puoi capire quanto.
Adesso attàccatici. Vai, piccola mia, niente paura. Daje dentro. Così.
Brava.
La senti? La sensazione, dico.
Concentrati e dimmi se non la senti. Sì, dai, lo so che la senti.
Quella che s'è fatto silenzio, vero?
E là fuori fa freddo, e un sacco di cose brulicano e fanno paura, e minacciano di allontanarti da lì, ancora.
Ma tu sei nel silenzio, nella calma, ora. Niente ti urta: sei spossata, ma hai la pace dentro.

Ecco. Fermiamoci.
Perché d'ora in poi, da questo preciso istante in poi, non sarà molto diverso da così per tutto il resto del tempo.
Ci saranno un sacco di brulichii là fuori -credimi- come non ne avrai mai visti in vita tua. Affascinanti, pericolosi, splendidi, innocui, inutili o imperdibili: buoni da mangiare, irresistibili da cogliere, pazzeschi da vivere, cattivi da seguire, meravigliosi da penetrare.
Ora mi auguro che - passata la prima paura - tu voglia lasciarti prendere dai brulichii.
Senza brulichio non c'è divertimento. Neppure ansia a dire il vero, però soprattutto -figlia mia- non c'è passione. E dove vogliamo andare senza passione?
Io non sono sicura di quale sia il senso di questa cosa che t'è cominciata addosso, che ti si è letteralmente aperta sopra la testa.
Però so che c'è il brulichìo e c'è la pace.
C'è il mare elettrico e la sabbia calda.
C'è il vento irresistibile in fuga e c'è l'ombra degli alberi.
Vai, per l'amor del cielo, sul mare elettrico. Non perdertelo per nulla al mondo.
Poi un giorno, quando dovrai leccarti qualche ferita, quando avrai bisogno del silenzio tra te e il mondo, sii capace di concentrarti. Non perdere di vista l'obiettivo. Fai come stamattina, guardati attorno. Cerca la spiaggia, un po' d'ombra sotto un albero.
Saranno i seni di tua madre o le braccia di tuo padre, un giorno sarà un amore, altre volte saranno solo parole lette o scritte,  colori o musica tra i capelli. A volte -persino- saranno un paio di scarpe nuove.
Potrei addirittura essere io, se sapremo ritrovarci, ogni giorno in cui tu cresci e io invecchio: potrei essere un pezzetto di spiaggia. Ti preparerò conchiglie in piccole collane e non molto di più, perché non so fare granché, a dire il vero.
Tu ci giocherai un po', annuserai il mare, tufferai i piedi nella sabbia e la troverai umida, sotto.
Allora ti alzerai, ti guarderai attorno come ora e naturalmente ripartirai.
Con le scarpe nuove, preferibilmente.


p.s. mi ha appena chiamata tuo padre: sei fuori. Ti amo già, sappilo. Ora guardati attorno, e fai come ti ho detto, ragazza.


8 luglio 2014

sul cuscino.

Dormivo.
Cioè mi stavo addormentando, no? dormivo, ma un po' ti ho sentito.
Mi hai sfilato Pennac da sotto la mano, l'hai appoggiato sul comodino.
Ho avvertito il tuo corpo tutto allungato sopra di me, ravanavi sul cellulare per spegnerlo, sennò partono le notifiche di twitter o che, di notte, e tu t'incazzi.
Poi hai fatto click, e ho sentito il buio anche con gli occhi chiusi.
Mentre ti ritiravi dalla tua parte ti sei abbassato, l'ho capito dal fiato leggero sul dorso della mano.
L'hai baciata.

Che fortuna, che ancora non dormivo veramente.


2 luglio 2014

Ibridi.

"Ciao come va?"
"Eeeeeeh? Scusa un attimo: no! ti ho detto di no! scendi di lì!"
"Hem, tutto ok?"
"Sì, sì. Tutto ok. 'Petta eh...come dici amore? che hai fatto? hai visto un insetto brutto brutto che ti faceva paura? Ma no non è un ragno, questo è un cervo volante! vedi che cornine ha sul capino? è molto bello, non ti fa nulla."
"...mmm, mamma?"
" Sì, eccomi, dicevo: qui tutto ok, hanno mangiato, lei ha fatto al cacca nel vasin...eh? che c'è amore? sì: cervo. Un cervo volante. Per via delle corna, sì. No, è buono, non punge.
E quindi insomma sono bravi però ti dirò, non mi mollano un att...eh? no, dì a Nina che non può mangiarlo, no. Quando finisci?"
"Domani, mamma, domani."
"No perché dobbiamo fare la spesa e se siamo in due è meglio e guarda -cooosa? sì, sì amore, ok-Miiii che palle, 'STO CAZZO DI CERVO."
"Mamma, non dire parolacce, che poi ripetono."
"Ma non mi sentono, sono in cucina! Cosa tesoro? Hem, no. Non è un GATTO. È un cervo, un gatto, ma cervo. Sì, hem insomma, quand'è che vieni?"

Il celebre gatto-cervo, come non ricordarlo.

30 giugno 2014

Quella che sta nella stanza e mi guarda.

I bambini sono da mia madre.
Per i prossimi due mesi passeranno lì metà della settimana per consentirmi di lavorare, e prima del fine settimana me li riprenderò e porterò a casa.
Oggi mia madre è caduta con in braccio Nina e per salvarla ha fatto una mossa karateka avvoltolandosi e sbucciandosi gomito e fianchi. La colpa era di Magù e del suo brutto vizio d'infilarsi sempre tra le gambe e pestare i piedi, cosa particolarmente fastidiosa d'estate coi sandali.
Mi chiamano 3 volte al giorno.
Di solito mia madre urla nella cornetta, lui pure ma in sottofondo, e lei si sta lanciando da qualche punto molto alto e molto pericoloso.
O anche: mia madre urla e loro due si pestano a sangue.
O anche: mia madre urla, lui parla da solo nel suo mondo parallelo in cui vivono lui, la lente d'ingrandimento e un qualsivoglia insetto, lei sta arpionando un cane di passaggio e cercando di cavalcarlo.
Insomma io sto proprio tranquilla: serena, ecco.
Però mi piacciono queste loro estati.
Che sono proprio culo e camicia, dormono tutti e tre abbracciati sul copriletto di lino, fanno il pesto col basilico dell'orto, vanno a recuperare i cani in paese, cascano per terra e poi in fila alla cassa comprano caramelle gommose altamente chimiche.

Le maestre mi hanno detto che lui è un timido, che ha l'atteggiamento tipico dei timidi. Che quando si arrabbia trattiene le lacrime e incrocia le braccia. Che all'inizio entrava, si sedeva in un angolo, apriva un libro e spariva -puf- inghiottito nel suo mondo.
Ma che si sta aprendo, piano piano. Che ora entra e saluta, racconta qualcosina di sé e un giorno ha voluto cantare palloncino blu tutto da solo al centro della stanza e allora gli hanno fatto un grande applauso.
Io gli ho detto che è un po' nevrotico,  a casa. Loro mi hanno detto di rispettarlo, di accettarlo.
Mi hanno anche detto di aspettarlo - che mi è sembrato molto bello, come concetto.
Lui mi bacia e mi lecca, dice che sono buonissima e che so di fragola.

Nina cammina tra le gambe dei cavalli e non ha paura di niente.
Nina corre veloce.
A Nina piacciono le macchinine e andare sulle moto, però quando accudisce le sue 3 bambole - che di nome fanno tutte Maria - fa quel movimento lì, con la testa, inclinandola di lato e sussurrando una canzoncina. Quel movimento che a lui non ho mai visto fare e che non so - ecco - a me in quel momento Nina mi commuove.

Io lavoro, faccio l'orto, uso canottiere intime come magliette e attendo fiduciosa che l'armadio provveda da solo al cambio dei panni.
Ho sempre poco tempo, e troppo bisogno di scrivere.
E' che quando scrivo mi sento viva.
Non è che non mi senta viva facendo l'orto, o giocando coi miei figli.
In tantissimi momenti mi sono sentita viva.
Quando due anni fa lei usciva da me, mentre urlavo e pensavo di morire mi sono sentita vivissima, mai così -letteralmente- attaccata alla vita. Ed ero corpo e anima insieme, e debole e impotente e invincibile allo stesso tempo.
Ma questa vita qui che sento, mentre scrivo, è una vita diversa.
E' come una stanza dentro di me in cui c'è una me che lì ci sta sempre, mentre l'altra me di fuori lavora, cucina, culla, fa lavatrici, fa l'amore, si spinzetta allo specchio, piange, zappetta l'orto.
Questa me che invece sta sempre nella stanza in silenzio e mi guarda io la ritrovo quando scrivo, e allora è come quando hai un'amica che vive lontano e non vedi spesso ma se v'incontrate il tempo è come se non fosse mai passato -presente, no?- e non avete bisogno di raccontarvi i massimi sistemi -no, perché già sapete tutto: parlate del più e del meno, prendete un caffè, vi fate confidenze, ridete come sceme. Ridete tanto.
Una di quelle persone che mentre girate il cucchiaino nelle tazzine alzate gli occhi contemporaneamente e poi sorridete.
Perché vi siete riconosciute, siete voi, e siete vive.





24 giugno 2014

Sono tornata e spelo pomodori.

Breve sunto degli ultimi 15 giorni.

- siamo partiti per le vacanze.
- la prima sera mi hanno rubato il cellulare.
- ciò ha fatto sì che non abbia potuto postare piedi abbronzati in ammollo e schiene di bambini impanati ogni 3-4 ore. Siete disperati, immagino.
- hanno ritrovato il mio cellulare, dopo una settimana e a 400 km da dove mi trovavo.
- lui ha preso l'otite, la febbre e l'antibiotico, io sinusite e mal di gola.
- quello piccolo ha fatto amicizia con un seienne di Avellino cui l'eterno mocciolo da troll di Nina causava inesauribile ansia e turbamento:

"Mi scusi, signò, la piccola tiene 'o moccolo."
" Sì lo so."
"E' giallo, e grosso."
"Lo so, un attimo."
"Tiene moccioli molto grandi, 'sta piccolina."
"Dio che ansia, ma non stavi facendo il castello?"
"Eccone un altro, dall'altra narice!"
"Qualcuno me lo porti via."

- quello piccolo è stato oltremodo molesto, capriccioso, villano e lagnoso. I figli degli altri -manco a dirlo- mi sembravano cresciuti a pane e Montessori. Ho meditato e minacciato di riportarlo a casa, toglierli i cartoni serali, toglierli il gelato pomeridiano, toglierli il piatto se non finiva almeno 3 forchettate, toglierli varie ed eventuali.
Francamente, solo a sentire la mia stessa voce che ripeteva sempre le stesse cose, mi sono sfracassata i maroni da sola.

- Nina ha fatto polpette, gran dormite, furoreggiato alla baby dance, mangiato sabbia e temo assaggiato il cadavere di un granchio.

- ho recuperato (culo) il mio cellulare dopo 15 giorni. Dopo 15 minuti ero già connessa. Constatato che non ero guarita.

Nel frattempo il mio orto è diventato una selva, la vite del canada ha invaso il vialetto, i pomodori sono verdi, le lucciole brillano sulla collina, il rampicante sul terrazzo ha fiori a campana color salmone e io sono a casa.

29 maggio 2014

Il momento, quello giusto.

Mia madre non mi ha mai lasciata.
Se mi diceva "ti reggo, non preoccuparti", lei mi reggeva davvero: non ha mai sgarrato una volta, nemmeno una.
Un giorno, quando avevo 4 o 5 anni, ero in piscina.
A un certo punto, nell'entusiasmo del gioco, mi gettai in acqua dimenticandomi di aver tolto i braccioli pochi istanti prima.
Furono secondi lunghissimi, di cui ancora ricordo tutto: le bollicine che salgono, le piastrelle azzurre mentre affondo, le mie gambe muoversi convulsamente, le braccia di mio padre che mi riportano a galla.
Poi il bordo caldo della vasca, l'acqua in bocca e nel naso, il pianto disperato.
I miei genitori dopo qualche tempo mi mandarono a lezione di nuoto, e mi piacque.
Però i primi giorni, ancora insicura, mi aggrappavo a mia madre e le dicevo "però reggimi, tu reggimi" e lei mi reggeva, anche se potevo già andare da sola.
Magari la risposta era "Susi non mi rompere i coglioni: se ti ho detto che non ti mollo, io NON ti mollo. Neanche se mi preghi in turco, hai capito?", ma non mi mollava.
E questa cosa -per me- era una certezza; e sentirgliela dire, un balsamo.
Mia madre non è mai stata della scuola mettile la mano sotto la pancia e poi lasciala andare tanto non se ne accorge e va da sola. 
I bambini non sono scemi. I bambini -soprattutto- credono a ciò che gli dici.
Io le ho creduto, lei non ha mollato: e ha fatto tutta la differenza del mondo.


Poi un giorno in prima elementare volli imparare ad andare in bici senza rotelle.
La bici era di un mio amico e il suo giardino aveva una piccola discesina d'ingresso ombreggiata da quel grande e tozzo baobab su cui giocavamo a fare le scimmiette.
Mia sorella mi dice "ti tengo io, tu pedala."
Io faccio un po' la lagna, metto su un po' di storie ma alla fine cedo.
Salgo. La sento dietro che regge il sedile. Carico il piede sul pedale, spingo. Lei dietro.
Parto a zig-zag, ma lei mi regge.
Smetto di guardarmi i sandali, alzo il viso, carico sul pedale, spingo. Filo dritta.
Carico ancora, non cado, dritta.
Carico, giro il manubrio, guardo in alto, arietta sul viso, non cado, dritta.
Mi volto: lei è 50 m più indietro ferma davanti al cancello, e mi sorride.

Io non lo so quand'è che è più giusto aspettare, quando lasciare.
So che valgono entrambe, a un certo punto, ma in punti diversi.
Forse lo senti, quando un bambino comincia a far finta di credere. Forse te lo fa capire.
Quel momento in cui ascolta più dentro di sé che non le tue labbra che gli parlano.
Quello in cui ha ancora bisogno di credere di non farcela senza di te, ma più che altro fa finta e ci gira attorno.
O forse lo senti tu, dentro di te, che stai facendo finta, che te la stai raccontando.
E lo sai, o non lo sai, o non lo vuoi, o sei rassegnata ad accettarlo ma non ad ammetterlo, che lui sta già spingendo, su quei pedali.
E fila via, dritto, senza cadere.

23 maggio 2014

Di te e di quando abbiamo sei gambe.

Quando di notte sei scappato sul balcone e ci hai chiamati tutti a vedere le lucciole intorno al vaso del basilico.

Quando ti ho chiesto cos'è la bellezza e mi hai risposto "Tu. Pecché sei fotte, e corazzosa." senza spiegarmi il coraggio o la forza di che.

Quando intrattieni conversazioni con la tua ombra, intimandole di seguirti mentre i bambini intorno ti guardano strano.
Perché, effettivamente, tu sei un po' strano, ma comunque questi -oh- machessiguardano.

Quando rispondi male o ti butti per terra, quando fai i capricci sul pavimento del supermercato. Quando ti ho detto per me puoi anche pulirlo tutto, e mi hanno guardata male.
Quando sei tu, decisamente nevrotico, e io te l'allungherei tanto volentieri una manata, ma alla fine ci ripenso.
Quando invece te l'allungo e poi mi sento un'infame.
Quando ci chiediamo scusa e mi dici che la senti che sale -la rabbia- ma non riesci a fermarla e io ti capisco, oh se ti capisco e stiamo lì sul divano in pigiama, abbracciati e un po' malconci, che sembriamo in terapia.

Quando non m'impunto e ti prendo di lato, la butto sull'affettivo e tu lo recepisci- perché sei un tipo parecchio, parecchio affettivo- e allora ti sgonfi, lo vedo che ti rilassi proprio, che la calma ti scende addosso come un balsamo, e capisco che ne siamo fuori e l'ho imbroccata, stavolta è andata e sono stata brava, proprio brava.

Quando gli altri fanno casino intorno a te ma io prendo un libro e improvvisamente ne fai il il tuo perno: la storia il tuo perno, i personaggi, i colori, le parole, tutto.
Quando me le ripresenterai tra qualche giorno, quelle parole - rivisitate: sulle tue labbra, tra i tuoi pensieri, nei discorsi alle ombre o alle chiocciole.

Quando stiamo arrotolati nel letto la mattina e siamo un corpo unico di 3: 3 nasi, 6 gomiti, 6 gambe e 30 dita dei piedi.
Quando stiamo arrotolati così la vita vale tutta, il mondo val la pena di tutto, io non ho paura di niente e potrei far fuori uno dei tuoi draghi giganti come niente fosse e capisco -sento- perché non mi spieghi il coraggio e la forza di che.

14 maggio 2014

Le cose che dicono i bambini.

Le cose che dicono i bambini quando ancora non sanno, o sanno il mondo loro: un mondo assurdo, pazzo, come una fotografia a fortissimo contrasto, o netto e dolce come un bianco e nero.
Un mondo buono come non l'avevo visto mai, prima di loro.

- catturare le luzzole del sole, mentre giochi con una sfera di plastica che riverbera i raggi.

- piantare delle carote maziche e ziganti in un vaso, e aspettare che crescano. In 30 secondi.

- chiamare le cose con nomi diversi, per vedere solo un poco l'effetto che fa.

"Quetta è finocchietta. " 
"No, non è finocchietta, quella è aspargina, asparago selvatico." 
"No: è finocchietta." 
"Guarda puoi anche chiamarla come vuoi tu, non è che sia proibito. Solo che poi la gente non capisce quando parli, perché tu la chiami finocchietta ma ciò che vedono in effetti è aspargina: si chiamano convenzioni." 
"Non dire socchezze, mamma." 
" Ah sì? allora dai, vieni qui, Carletto." 
"?"
" Carletto, vieni. Vieni dalla mamma, su, che stiamo facendo tardi." 
"Non mi chiamo Carletto." 
"Ah no? E come ti chiami, allora?" 
"Mazinga."

- annotare un messaggio per Babbo Natale a Maggio: ho bisogno di un topo, mamma. Di un topo cavaliere. Diglielo tu, a Babbo Natale.

- sognare di avere, da grande, una scuola di nuoto. Per nuotare tutto, tutto il zorno.

- armarsi di lente d'ingrandimento e arrendersi all'incontestabile evidenza che nulla esiste di più seducente, al mondo, di un guscio di lumaca.


13 maggio 2014

the radio star.

L'altra sera ad aerobica è venuta una ragazzina, credo che la madre ogni tanto se la trascini dietro per non lasciarla a casa da sola ad annoiarsi.
Indossava dei jeans skinny su un paio di gambette da fenicottero che puoi avere solo a 13 anni, i piedi dentro un paio di scarpe rosa da ginnastica enormi e una t-shirt nera XL a motivi tribali.
Era pallida, due occhi enormi di chi non sa bene dove stia il suo posto ma dubita in ogni caso possa essere quello in cui si trova, i capelli un po' unti raccolti in una coda.
Una via di mezzo tra una winks e un'emo, praticamente un po' me 20 anni fa.
Oddio, 20 anni fa.
Mi sono detta, questa di me pensa che io sia un vecchia. Proprio non mi vede, mi oltrepassa.
Io a 13 anni la gente di 34 non la vedevo, e se la vedevo la categorizzavo come vecchia.
Avevo una capacità di estraniarmi dal contesto sovrumana.
Manco delle cuffie avevo bisogno: pigiavo un tasto interno "off" e mi eclissavo dal mondo.
Ricordo intere cene dalla nonna così, intere spese trascinando il carrello dietro mia madre, intere mattine in autobus con latine discere aperto sulle ginocchia e la testa appoggiata al vetro appannato.
Pensavo a un sacco di cose, quasi sempre le stesse.
Ai ragazzi, per lo più. Non uno in particolare, avevo pensieri sull'amore in generale dico.
Anche un po' sul sesso.
Qualche personaggio di qualche libro.
La scuola e un qualsivoglia compito di matematica. Dio che ansia, pure ora.
Pensavo a mio padre, moltissimo.
Un giorno capitò una cosa strana, che ora non potrei definire brutta, ma cambiò la vita di tutte noi tre per i successivi dieci anni, portandoci via parecchia luce.
Fu una cosa sciocca, una cosa apparentemente normale, ma mia madre la prese malissimo e io pure peggio, dietro a lei.
Fu come scoperchiare il vaso di Pandora.
A 13 anni indossavo magliette più grandi di me, per non far vedere il seno che cresceva. Avessi saputo che lì si sarebbe fermato mi sarei evitata tutte quelle paturnie.
Per questo, e per i suoi pensieri dentro un'ora di ginnastica, e per i vasi di pandora che prima o poi si scoperchiano per tutti, mi ha fatto tenerezza quella ragazzina.
E per le scarpe enormi, e perché mentre io in un impeto di esaltazione musical-sportiva saltavo canticchiando al ritmo di video kill the radio star lei mi guardava con quella faccia lì, proprio di quella che ma che è 'sta canzone che non l'ho mai sentita prima.

29 aprile 2014

Una milf alla cassa.

Cassiere giovane e caruccio.

"Ciao! E questo bimbo così piccolo conosce già la sigla di Mazinga? Brava che gli fai vedere i cartoni giusti. Ma lo danno ancora? era già vecchio ai miei tempi. "
"No guarda, era già vecchio ai MIEI, di tempi."
"Esagerata, io sono del..."
"Preferirei non sap..."
"...del 93."
"Ecco. Appunto."
"Perché? ci sarà mica tutta questa differenza, sei giovanissima! di che anno sei?"
"Io? Hem, uh? intrno ann ottnat..stttnov...cresciut anni ott, sai uan, milaeshiro...fff...zzzz, hem."
"??"
"Sì ma verso fine dell'anno eh."

Tìììo, che tristezza.


25 aprile 2014

lezioni, qua e là.

buongiorno anche a te, amore.

"Mamma quando tu muori io vado a vivee in zittà con papà e lo zio A."


pugni atomizi.

"Mamma mi ha mossicato un ragno e mi ha passato i potei di Mazinga"
"Quello era l'Uomo Ragno."
"Z'ho anche il pugno atomico."
"Ottimo."
"Ora peò mi devi bazae tre votte, per rompee l'incantesimo."
"Come mai? e i pugni atomici?"
"Pecchè io pefeicco essere me ttesso."


più o meno.

"Te lo ricordi che festa è oggi? ricordi cosa ti ha spiegato mamma?"
"Sì che me lo ricordo."
"Che festa è?"
"Della felizità."

siamo noi questo piatto di grano.

In paese vive A.
Siccome il padre di A. era fascista, e siccome dopo la guerra ci andavan giù pesante, e siccome per la famiglia non fu una passeggiata.
Siccome A. ha una passione per la storia e gli eventi bellici, per i corpi militari e i documentari sulla Guerra Fredda, allora tutti credono che A. sia fascista.
Siccome è più facile, siccome pare logico, siccome sarebbe strano il contrario, siccome lui è silenzioso e non dice nulla, lo credono tutti, financo i suoi parenti.
Siccome io non sono quella gran furbona che m'atteggio d'essere, siccome son banale come tutti gli altri, siccome il luogo comune è comodo, siccome dài si capisce, sarà uno di quei simpatizzanti nostalgici, lo credevo anch'io.
Siccome la vita è tutto fuorché banale, siccome la storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi bella ciao che partiamo, allora lo incroci mentre sparge un intruglio di aceto e sapone per piatti sulle rose ("dice che funziona, contro i pidocchi") e sorridendo ti fa: "Ah, auguri. Buon 25 Aprile."

23 aprile 2014

casa

Sono qui a casa di mia suocera.
Questa era casa mia, un tempo infinitamente lontano e vicinissimo fa, quando abitavamo l'appartamento grande sopra, col vecchio parquet nelle stanze e la doccia gelida nel bagno.
Per entrarci volli in cambio di poter colorare i muri della cucina e tenere Googhi con me.
Non era previsto un trasloco dal nostro primo monolocale.
D'altra parte non era neanche previsto che rimanessi incinta.
Quelle stanze che non mi sono mai del tutto appartenute: il divano giallo, la credenza bianca, le amarene fuori dalla finestra e la strada troppo vicina.
Stendere tutine taglia zero, sentirsi completamente e totalmente fuori luogo. Avere dannatamente paura, folle.
Il giorno in cui abbiamo trovato l'Arturazzo.
Le nausee, le fughe precipitose in bagno e il sesso. Dei vicini.

Arrivare in questo paese lasciando l'autostrada, riconoscere il profilo dei monti, blu.
Poter associare ad ogni strada almeno un ricordo.
Incontrare nuove, pretenziose, roboanti, sostanzialmente inutili, rotonde. Perdere l'orientamento a casa propria.
Continuare ad odiare ciò che odiavi prima, col privilegio di averlo lontano.
Continuare ad amare ciò che amavi prima, col rimpianto di non averlo più. Ma neanche troppo, vi dirò.
Prendere ingenuamente le distanze da ciò che era, sapendolo inutile. E stupido, probabilmente.

Stare qui da mia suocera senza libri, con solo vecchie antologie e allegati rosa da edicola.
Trovare nella selezione della narrativa mondiale "rodeo d'amore", non so se mi spiego.
Lui non le lasciò il tempo di sottrarsi al suo abbraccio impetuoso, la baciò voluttuosamente sul collo eccetera.
Tenermi se possibile a distanza da casa mia, nella parte alta del paese, perché fa ancora male.

15 aprile 2014

Sotto le ciglia.

Quando non scrivo -dopo un po'- mi viene come un groppo qui che devo sciogliere.
Allora mi riprometto di farlo dopo averli messi a letto, ma crollo a fianco del lettino di lui, mi viene il mal di schiena, e ci rinuncio.
Ogni mattina mi siedo alla scrivania e faccio una lista che poi depenno via via, mi fa sentire di avere controllo sulle cose, mi soddisfa depennare punti, però se ne aggiungono sempre quando volto pagina e il giorno dopo sono messa uguale se non peggio.
Allora scrivo come adesso, nella pausa pranzo mentre mangio tutta ingobbita e di fretta, come una ladra.
Quello che ho bisogno di dire al mondo è che:

- la prima volta con un decespugliatore non si scorda mai.
Soprattutto se sei alta un metro e un cecio e l'aggeggio in questione pesa più di te.
La notizia è che non ho ereditato da Nonna Oroscopo la passione per le macchine agricole.
E manco l'altezza, a dirla tutta.

- le blogger che pubblicano articoli titolati "Primavera: attività da fare con i vostri under 5... l'orto!" o ci sono o ci fanno. Oppure sniffano. Oppure i figli in realtà sono maggiorenni.
Oppure banfano e in realtà hanno un giardiniere che gli fa il lavoro sporco: che vanga, strappa le erbacce e le radici dure, segna i confini, stende la pacciamatura.
Poi in ultimo arrivano loro prole al seguito, tutte fresche di guantini fiorati e iphone -che mica vuoi tralasciare di pubblicare su instagram le manine cicciotte e PULITE dei tuoi figli, fa taaaanto mammabio- e si apprestano a fare la seguente mossa: estrarre la piantina di pachino dal contenitore in plastica e posarla - asettica- nel buchetto precedentemente scavato dal giardiniere.
Segue foto su instagram di piantina già ricoperta, anaffiata e col pomodoro maturo sopra pronto per la caprese.
Bah.
Io ho tolto dalla bocca di Nina un fiore di iris che si stava beatamente sgranocchiando.
Ho costruito un castello di terra per i soldatini di lego di quell'altro, che sennò scassava la minchia.
Ho tolto gli stivali infangati e accompagnato lei in bagno 14 volte, perché ora vuole il vasino e a nulla sono valse le mie preghiere "ma falla lì, dietro lo steccato".
A una certa ora ho dovuto piantare giù il lavoro non finito per preparare da mangiare.
Mi sono tagliata, graffiata e sono caduta giù dalla rivetta.
Poi dice dàtti al giardinaggio, che rilassa.

- nonostante il punto di cui sopra ci sono dei momenti in cui la guardo e sento una cosa dentro che me la devo sbaciucchiare tutta. Come ieri sera, mettendola a letto. La paura, sordida, che le possa succedere qualcosa. Allora la accarezzo sul dorso della mano, piano, perché lei non vuole essere sbaciucchiata troppo e io non voglio che mi respinga.
Piano piano sotto quelle ciglia lunghissime lei si addormenta e io me sto lì nella stanza in penombra, ad ascoltare, attutita, la sigla dei puffi di là in salotto.

3 aprile 2014

nel letto.

In queste notti i letti di casa mia sono oggetto di fervida transumanza.
Arriva lui. Lo coccolo un po', lo sposto. Ritorno a letto. Arriva lei, la riporto nel lettino e la coccolo, si riaddormenta. Torno a letto. Arriva lui.
Finché mi prendono per sfinimento e mi risveglio in un certo punto della notte con la schiena fredda, un gomito in bocca, un piede sulla schiena e sull'orlo del letto.
Pensare che facevo la figa "ah i miei si addormentano nel lettino, ah io non riesco a dormire con loro nel lettone, ah è anche una questione di privacy per la coppia" e adesso che differenza c'è tra me e quelli che non si sono neanche mai sognati di farsi lo sbattimento che mi son fatta io per abituarli al lettino?
Tempo sprecato. Bah.

Forse è perché siamo da soli metà delle notti di una settimana.
Forse invece è solo una scusa, non so.

Mia madre ha diviso il letto con me e mia sorella per una vita, fino ad un età che a dirvela la trovo imbarazzante.
Ricordo alle medie, quando da sotto le coperte guardavo il cadavere di Laura Palmer ritrovato sull'argine del fiume. Sudavo come un caimano dall'agitazione, le altre due che si facevano più in là perché appiccicavo.
Abbiamo dormito insieme per anni, anche da adulte, non lo so perché.
Si fan cose strane, per non sentirsi sole.
Avevamo la nostra stanza e tutto, i nostri letti.
Quando litigavamo forte ritornavamo ai nostri rispettivi giacigli, a volte piangevamo ognuna per i fatti propri.
Poi a pace fatta rieccoci schiena contro schiena, io sempre nel mezzo.
Gli ultimi tempi - i più difficili- mia sorella non veniva più. A me sembrava che ci mancasse un pezzo, che fossimo solo un moncherino, senza di lei.
A distanza di anni mi resi conto che era bello, ma anche un po' malato, di certo non normale.
Ma a quel punto ormai era da tempo che noi tre non ce ne facevamo davvero più nulla, di ciò ch'era normale.

26 marzo 2014

Spiritualità. O di lombrichi, o catechisti ciellini.

Qualche giorno fa è passato il prete a benedire casa.
La signora che lo accompagnava aveva chiesto poco prima a Susibita se le desse fastidio che passassero, dal momento che sa come lei la pensi su certe cose e che però questo sacerdote era nuovo di queste parti e stava cercando di conoscere un po' tutti in paese.
Susibita aveva risposto che no, non le dava fastidio, ci mancherebbe - che la porta di casa sua era sempre stata aperta a tutti, tanto più a qualcuno che porta la benedizione, che in fin dei conti altro non è che un augurio, un buon augurio.
E  che non farli entrare -soprattutto- le sarebbe sembrato un po' come quelli che espongono il bollino sul cancello "grazie, ma siamo una famiglia cattolica" che è una cosa che Susibita ha sempre trovato alquanto agghiacciante.

Però quando poi il prete è arrivato si è chiesta se non avesse sbagliato - perché non poteva non recitare il padre nostro dal momento che erano lì in tre e che non era come quando passano i testimoni di Geova e lei mette su un caffè e intanto piega i panni e intanto gli spiega che no, non trova affatto misericordioso il dio biblico, ma manco buono, ma manco giusto se è per questo e che una cosa come quella che fa ad Abramo con quel povero disgraziato di Isacco è semplicemente immonda -spiacente- ma immonda per quel che la riguarda.
Qui insomma è diverso, ne va anche di coerenza di fronte ai bambini, si è detta.
E infatti quando ha chiesto al piccoletto di raggiungerli in salotto per salutare  e ascoltare un signore che dice una preghierina quello le ha risposto che no, lui la preghierina non l'avrebbe detta mai, ma proprio MAI E POI MAI, testuali parole. Che poi dico, mica la devi dire tu - gli ha specificato Susibita, puoi anche solo ascoltare quello che ha da dire lui, ma quello niente, s'è messo a giocare e non lo si è più visto.
Poi Susibita è tornata indietro e quell'altro, quello alto, le ha detto: "Non guardarmi,  ha preso tutto da te, io non c'entro: sono pure stato chirichetto, io." - l'ipocrita.
E' stato chierichetto tipo per un giorno, dopodiché è tornato a casa da sua madre e ha dichiarato che lui non lo avrebbe MAI PIU' fatto in vita sua, che quella cosa di prendere ordini dal prete non gli andava per nulla a genio.

Insomma nel mentre della benedizione Susibita s'è fatta pippe mentali tutto sommato abbastanza consuete considerato il soggetto, e ha cominciato a temere l'effetto boomerang, quello per cui gli errori che fai ti si ritorcono tutti contro prima o poi, amplificati.
Un po' come in quel racconto della Munro in cui una madre cresce la figlia con metodi educativi un po' hippie e vagamente agnostici e quella -raggiunta la maggiore età- per compensare la mancanza di spiritualità nell'infanzia, si fa prendere da una setta di santoni e sparisce nel nulla finché la madre ormai ottantenne non scopre che comunque è viva, sposata con 5 figli ma non si rivedranno mai più.
Che dici a 'sto punto  faceva il chirichetto a 11 anni che era meglio.

Poi c'è anche la suocera che a Susibita lo dice sempre che a 'sti bambini un po' di spiritualità gliela dovrebbe pur passare, e lei a risponderle che spiritualità non è necessariamente religione.
Comunque dopo la Munro un po' Susibita se la fa sotto che magari la Nina a 17 anni -che so- prende il treno e va a fare la Papa Girl in Piazza San Pietro.

Però poi ha guardato Magù raccogliere le lumachine dalla strada, per non farle schiacciare dalle macchine. E i lombrichi, pure.
Questo bambino piccolo e ignaro che salva i più piccoli tra gli animali: i più viscidi, diciamolo.
Questo bambino che si spiega da solo la vita: "si nasse, si vive e poi si muore. E' la natura, è fatta così. Io però non muoio, pecchè sono un cavalie(r)e e cavaliei -mamma- non muoiono mai."
Questo bambino che trema quando sogna che qualcuno faccia del male agli occhi di suo padre.
Questo bambino che dice " mi si è 'pezzato il cuore, mamma".
Questo bambino- rasente il fanatico- con gli occhi pallati preda del fascino morboso del germoglio:

"Pecchè non èsse, mamma? Io lo appetto, ma lui non èsse."
"Non riesci a vederlo mentre esce, lo vedi quando è già spuntato: è troppo lento."
"Ma io lo appetto, mamma, stai tanquilla."

Questo bambino qui, che ha più spiritualità lui nell'unghia dell'alluce sinistro di un intero esercito di catechisti ciellini.
E s'è un po' tranquillizzata.

21 marzo 2014

incartata accartocciata.

Se lei non fosse l'uragano che è, se non ne combinasse una dietro l'altra, se non c'avesse quella vociaccia -per dire- forse non mi stancherei tanto velocemente.
Se lui non fosse lo sbrindellato un po' nevrastenico che è, forse non si prenderebbero a legnate sui denti ogni giorno.
Se lei non fosse la pinzipessa guerriera che è, dalle palle degli occhi fino alle unghie dei piedi, lui non la chiamerebbe quando ha paura, con quella fiducia un po' reverente verso chi nasconde poteri occulti e straordinari.
Se lui non fosse lo sbrindellato, appassionato capitano della fantasia che è, lei non lo ascolterebbe incantata, bevendosi ogni suo gesto.
Se facessi uno di quei lavori che torni a casa e non ci pensi più, forse sarei meno ansiosa.
Verrei a casa, mi godrei i miei figli, alla fine della giornata spegnerei le luci.
Poi -sotto le coperte- sognerei il lavoro che faccio.

A colloquio a scuola.

"Senta io ho bisogno di capire come gestire la rabbia."
"Di chi?"
"Sua, di lui. E di lei. Ma pure la mia."
"Mmm. Partiamo dall'inizio."
"Le racconto com'è andata oggi?"
"Prego."
Segue racconto.
"Quindi capisce? io la teoria la so benissimo, è nella pratica che m'incarto."
"Lei è solo stanca, vanno molto bene alcune cose che fa. Perché non prova a lavorarci in modo diverso? senta, proviamo questa strada..."
Segue descrizione della strada.
"Poi al prossimo incontro in gruppo o da sole ne riparliamo, che ne dice?"

Questa ragazza, con gli occhi neri e i capelli lucidi, con un velo di burrocacao rosa sulle labbra e i capelli pettinati. Questa ragazza che non ero io, perché io ero quella coi capelli legati e deformi seduta di fronte.
Questa ragazza con pochi anni meno di me, ma che significano tutto, perché stanno proprio lì, tra il prima e il dopo. Questa ragazza che avrei potuto essere io, se solo avessi il tempo di una doccia, di una sforbiciata, di parecchie ore di sonno, se avessi meno solitudine, un'amica più vicino.
Questa ragazza gentile, che mi ha detto sei solo stanca, sorridendomi.
Niente, io me la volevo portare a casa per un pochino.
Per non far nulla e stare lì a guardarla mentre parla -lei- piano, gentile, paziente, ai miei figli.
O anche per chiederle se ci mette olio d'argan o che, su quei capelli così lucidi.

19 marzo 2014

Fino allo svenimento

Volevo scrivere che dopo una settimana con Nina ricoperta da bollicine stamattina l'ho riportata al nido: volevo scrivere -perché è vero- che  praticamente ce l'ho lanciata dentro e sono sgommata via, e se ci passi davanti si vedono ancora le strisciate sull'asfalto.
Però poi ho letto la Castagna che mi ha fatto leggere la Pellona.
E adesso non ho più tanta voglia di dire che l'ho lanciata, anzi mi faccio pure un po' pena.
Non ho neanche più voglia di dire quanto sono stanca, quanto sono indietro con tutto.

Io adesso ho solo voglia che tornino a casa - tutti e due- per baciarli fino allo svenimento e non staccarmeli mai più di dosso, ma proprio mai più.

4 marzo 2014

molto carina.

Ci sono cose che mi fanno una tristezza tremenda, tipo oggi quando ho sentito una mamma sgridare suo figlio per non so che cosa avesse dimenticato sul pulmino e gli ha detto tonto. sei proprio un tonto.
Dire tonto a un bambino non è forse una cosa gravissima, non è suscettibile di denuncia, magari neanche di biasimo indignato, non farà di questa madre una pessima madre o che, né mi legittimerà a sentirmi migliore di lei, per via di tutte quelle volte che ho saputo essere meschina, senza accorgermene.
Però mi fa tristezza.
Ci son cose che non sono vere tragedie, non provocano danni evidenti, ferite apparenti, ma che a me deprimono moltissimo. Mi fan proprio cascare le braccia.
Tipo è deprimente che io mi nasconda a leggere twitter invece che ascoltare mio figlio che gioca.
E' deprimente quando quello davanti in macchina apre il finestrino e lancia fuori una bottiglia.
Trovo deprimente lo specialista privato che chiede "con o senza fattura?".
E' deprimente quando uno dà un calcio a un cane.


Poi ci sono cose che mi fanno impazzire, invece.
Cose piccolissime che mi succedono, che non sono bellissime, non cambiano i destini del mondo, cose che non salvano vite né cancellano soprusi.
Sono cose così, solo carine.
Io ci vado matta per le cose carine.
Anche per le persone carineQuelle che non conosci abbastanza per poter dire che siano belle persone, però ti piacciono le cose che dicono, le cose che fanno, e il come le fanno.

A volte anche le persone che conosciamo fanno delle cose carine: Nina ad esempio fa quella cosa col naso quando lo arriccia, che è proprio carina.
Una signora qui in paese raccoglie fiori per l'insalata e se le chiedi ho gente a cena, mi prepara dei fiori? lei ti da questo sacchettino con dentro le mammole o le viole o che so io e tu puoi farle col soncino o la rucola e fai un gran figurone coi tuoi ospiti e anche questa è una cosa carina, mi sembra.
Mio figlio col secchiello in testa, è una cosa carina.
Il quaderno di musica di un bambino, è un'altra cosa molto carina.

Stasera stavo chiudendo le persiane della camera dei bimbi e ho visto volare un gufo, una civetta o un barbagianni, non saprei. Uno dei tre comunque. Credo una civetta, perché era piccinina.
La valle era buia pesta e l'ho vista alla luce del lampione volare in silenzio.
Allora mi sono ricordata del libro sugli animali del bosco che escono di notte per la caccia ed improvvisamente era tutto vero, proprio sotto i miei occhi.
Mi sono sentita così inspiegabilmente eccitata e felice che non vedevo l'ora di chiamare i bimbi e parlare con loro e dirgli Oi bimbi è tutto vero, vedete? lì fuori da qualche parte nel fitto tra gli alberi c'è un cavo dentro un tronco e di giorno ci vive quella civetta lì -proprio quella-  che ora vola in silenzio davanti alla vostra finestra e cerca un topolino giù nel prato dove tutto è buio e fresco e muto. 
Ma non ho fatto in tempo, naturalmente. Perché ora che ho pensato tutte queste cose lei ha virato nel buio oltre il lampione e allora non ho neanche chiamato i bambini.
Ragazzi avreste dovuto vedere come volava, e che buio, nel silenzio.
Dio, peccato che non c'eravate anche voi.
Però io ve l'ho raccontata e anche questa è una cosa carina, mi pare.

24 febbraio 2014

Inimmazinabili traguardi.

Nessuno riderà di te. O non avrà più la lingua per farlo.

"Non voglio tuccammi gli occhi da panda. Non vojo che ridano di me."
"Ma chi? chi ride di te amore mio?" dimmelo che mamma lo appende per la pelle della balle e le fa seccare al sole come pachini ad Agosto, dimmelo.
"Nessuno, è la mia immazinazione."
"Bè la tua immaginazione si sbaglia, nessuno ride di te. E' forse per quella storia che alla fine ti sei fatto la maschera di Marylin per carnevale? è per quello? qualcuno ti ha preso in giro?". Dimmelo che vado e faccio una piazzata, dimmelo. Che quelli non hanno abbastanza fantasia da capire te, la tua immaginazione, la meraviglia che è il tuo mondo e la potenza del mio ginocchio che si abbatterà sui loro denti. Dimmelo.
"No, nessuno."
"Ok, ascoltami bene: è importante. Se non vuoi che ti trucchi gli occhi da panda perché non ti piace non lo farò. Ma non fare mai una scelta pensando a quello che piace o non piace agli altri: pensa a quello che piace a te, a quello che ti fa stare bene. Vuoi che ti trucchi da panda sì o no?"
"No."
"Ok, niente trucco. Però un'ultima cosa: non bisogna mai ridere degli altri. Ci saranno sempre quelli che lo faranno ma tu non farlo mai, d'accordo? è una cosa brutta, una cosa vile, una cosa -soprattutto- stupida. Quelli che deridono gli altri: sono loro che sbagliano, capito? si comportano da sciocchi, da paurosi, sono senza immaginazione. Non tu: tu vai benissimo così come sei. Non permettere a nessuno di cambiarti. Ok?"
"Ok. Posso usare quetto mamma? vadda che bello, è un'elmo peffetto."
"Hum? eh? ss-sì. Ma -hem- vuoi metterlo alla festa?"
"Zetto."
"Ah. hem. Va bene, amore. va bene"
"E' popio peffetto."

Disse quello che si presentò alla festa con la tuta da panda, la benda rossa del kung-fu, in bicicletta e con in testa il secchiello del mare.


La seconda che hai detto.

Sto cercando di capire se Nina non è in grado di parlare, non c'ha voglia di parlare o semplicemente mi prende per il culo.
Pensavo avesse un vocabolario risicatino e vieppiù incomprensibile ma tutto sommato nella norma finché non ho sentito il suo compagno di asilo, maggiore d'un paio di mesi, dire "'ndiamo a casha dei gnonni." per un totale signori miei di 2 sostantivi, 2 preposizioni, 1 verbo, il tutto in un periodo corretto e di senso compiuto.
Ho cercato di tastare il terreno con le tate del nido ma ormai è da un paio di mesi che ho capito che sono totalmente succubi del fascino della piccoletta e dunque inaffidabili.

"No vabbè ragazze, ba-na-na me la fa na-na-na. Non si sforza proprio. Le chiedo di dirmi me-la e quella mi guarda e mi fa "tu-tù" ,  poi si volta verso il fratello e si sganascia. Qui o c'è un problema o mi sta pigliando per i fondelli."
"La seconda che hai detto."

Inoltre sfodera una preoccupante predisposizione a reazioni bisillabiche che ti aspetteresti da una 17enne:

"Amore, quanti bei giochi! Cosa fai?"
"'Gnente."

"Leddi."
"No Nina, ora non posso, passa tra un minuto che ho finito."
"Leddi, mamma."
"Ti ho detto che non posso amore, lasciami finire prima."
"Mamma, leddi."
"Ma come ti devo..."
"LEDDI."
"Ok, leggo."

E' sempre un piacere rivederla.

Siamo tornati da meno di 12 ore nel Profondo Nord e mia suocera già mi ama.

Nonna:"Al parchetto ho notato che quella bambina che giocava con lei era decisamente più alta, e  avrà avuto più o meno la sua età."
Zia: "Mamma, aveva sei mesi di più."
Nonna: "Tu dici eh? Bè Susi tu che ne pensi, tu che hai sott'occhi anche altri bambini: dici che è normale? o è bassa? Mi spiacerebbe molto se fosse bassa."
"Sì, bè, non saprei, mi sembra nella media rispetto agli altri e anche la pediatra..."
"Noi siamo tutti alti."
"Sì, ok. Ma io ad esempio..."
"Anche i tuoi -dico- siete tutti alti. Gli altri, almeno."
"Sì, hem. Però sa com'è, io sono la madre e tutto si può dire tranne che io sia alta, tuttavia non mi pare sia una trage..."
"Un vero peccato se fosse bassa."
"No dico, ma se anche fosse non è che ..."
"No no -per l'amor del cielo- dio ce ne scampi."

Mi ama, ve l'ho detto.

17 febbraio 2014

Cose.

Non avevo voglia di scrivere ma poi ho letto questo post di Polly e mi è venuto in mente che io ne ho un sacco, di oggetti, di cui parlare.
Mia madre è una consumatrice isterico-compulsiva, ma a onor del vero non ha mai disdegnato neppure la sublime arte del raccattonaggio.
Capace che si riempie il carrello di troiai della peggior specie ("sono per i bambini". eccerto.) eppure usa una vecchia vasca da bagno come abbeveratoio su alle stalle.
Quando ero piccola m'istigava all'imbarazzante abitudine di trafugare i fiori recisi ancora ben messi nei cestini del cimitero: voi non avete idea di che robe vengano fuori, certi iris grossi così.
Poi -siccome è appunto una persona coerente- quando c'erano i saldi andava all'ademarc e tornava a casa con le peggio cazzate del creato: ancora oggi da qualche parte su in mansarda ci sono due piumini da scii -uno mio e uno di zia Subli- che non abbiamo mai avuto il coraggio di mettere eccetto io quella volta che in quinta sono andata in gita a Praga, e: signori miei, se non siete stati tutta la notte in giro per Praga con -14° e un solo boccettino da 45 ml di liquore alle cento erbe da dividere in quattro incluso il prof di Italiano non potete capire cosa sia il freddo.

Comunque oggi i vestiti dei bambini li compro al negozio dell'usato e questo lo devo anche ai tanti sabati passati alla discarica comunale con mia madre.
Gli oggetti che voglio immortalare su queste pagine però non vengono dalla discarica e neanche dal cimitero, sono solo ereditati.
Vengono dalla cucina di mia nonna e direttamente dagli anni '50. Ora vivono nella mia nel 2014.
Quando è morta mia nonna io, Zia Subli e Cugina Pooh ci siamo divise le quattro carabattole che erano il tesoro della nostra infanzia.
La sottoscritta - tra le varie-  ha portato a casa:

- la tazza con le ciliegie, perché dove vivo ora ci sono tanti alberi di ciliegi e quando dopo aver vissuto 1 anno nel garage di mia suocera ho finalmente trovato questo posto sperduto e bellissimo era primavera e la primavera su un ciliegio fa venir voglia di piangere e ridere insieme, chiedetelo alla Butterfly.
Nonna mi ci faceva l'orzo la mattina, dopo che l'avevo portata presto a fare gli esami del sangue.
Cugina Pooh ha tenuto i girasole.

- la ciotola di plastica gialla, anche detta "quella di Natale", non perché sia bella da tirar fuori per l'occasione ma perché era quella che -avvolta nella stagnola- conteneva le frittelle del 24 sera: alle melanzane, al cavolfiore, di pane con l'acciuga o senza acciuga e noi dovevamo indovinare.
Mia nonna le portava lungo il tragitto, poco più di 800 m, da casa sua a casa nostra, senza cappello ma con la sciarpa di lana sopra il naso. Quando entrava dalla porta faceva tutto da sola e diceva "Permesso-avanti. Susà. -Pausa-. Susà! e piglia! che sò carde carde."

- il canovaccio con Carlo e Diana.
Ecco: di questo non ricordo se fosse un dono di zia che era emigrata in Gran Bretagna dove ha poi sposato un polacco dai capelli rossi, un souvenir di qualcuno che era andato in vacanza-studio a Londra o un regalo di dubbio gusto tra Calabri Italioti e Calabri emigrati in occasione delle nozze del secolo (scorso).
Comunque lo adoro.
Detto canovaccio ha coperto la famigerata teglia gialla di Natale con la pasta al forno per i miei primi 30 anni di vita. Sempre lo stesso tragitto, ma il 25 sera. "Permesso-avanti. Susà. - pausa-. Susà! e piglia! che è carda carda."
La teglia gialla ce l'ha Zia Subli, conclamata erede culinaria della nonna.

- la biscottiera anni '70 presa coi punti del supermercato. Mia suocera ce l'ha uguale, ma la mia chiude.

Il canovaccio più kitch della storia. Sotto c'è anche quello di natale col calendario 2007.


11 febbraio 2014

Noi adesso.

Lei.

Nina è bella come un giardino.
Non fosse che è tre giorni che si addormenta solo mano nella mano sarebbe perfetta.

Lui.

Lui è andato a una mostra, ha visto lei:



e si è innamorato.
Messo alle strette dalle maestre su quale maschera volesse realizzare ha scelto -che ve lo dico a fare - il cavaliere.
Messo alle strette sul non poter scegliere il cavaliere ma sul doversi limitare ai personaggi visti nel corso della visita ha fatto spallucce, brontolato, minacciato ostruzionismo, infine promesso che ci avrebbe pensato su nella notte.
Al risveglio ha optato per la bionda.

"Ma io sono un macchio peò."
"Sì certo, sei e rimani un maschio."
"Io sono un macchio e un cavaliee."
"Già. Infatti ti piacciono le bionde."
"Mi piazzono, sì."

Noi.

Un amico single, senza figli e con un certo sprezzo del pericolo è venuto a trovarci per il fine settimana.

"Dai tutto sommato è andata bene, non aveva l'aria eccessivamente sconvolta: mi ha detto che non si è affatto stancato."
"Mentiva."
"Esagerata, me lo avrebbe detto. Può darsi che non si sia accorto che quello là è un tantinnello nevrotico e quell'altra un cicinino esigente."
"Seeee."
"No davvero,  se la giocavano alla grande, hai visto anche tu."
"Siete rimasti d'accordo  per ripetere l'esperienza?"
"Hem, no."
"Non lo rivedremo mai più."